Zefiro e Aura: due principi complementari

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Sandro Botticelli, Nascita di Venere (dettaglio di Zefiro e Aura), 1482-1486 – Firenze, Galleria degli Uffizi

Nella Nascita di Venere (1482-1486 circa, Firenze, Galleria degli Uffizi), Sandro Botticelli raffigura Zefiro e Aura (o, secondo alcuni, la ninfa Clori): due venti primaverili dai corpi avvinghiati e dalle anime intrecciate. Rappresentano l’ipostasi dell’Amore: un soffio fecondatore, il Dono creativo di due principi complementari che si fondono per generare pura Vita, materiale o spirituale che sia.

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Venti alati come angeli profani, che poco hanno di casto. Eppure conservano una purezza originaria e intoccabile.

Il loro abbraccio dolcemente sensuale. Il gioco di gambe che fluttuano nell’aria quasi a confondersi, a smarrire ogni confine di proprietà. La gamba di Aura appollaiata contro il corpo di Zefiro in un erotismo che non ha nulla di lascivo, ma è abbandono spontaneo e vitale. Aura che cinge la vita di Zefiro con una delicatezza che commuove; Zefiro che sorregge Aura con fare protettivo, stringendola a sé pur senza toccare un solo centimetro di pelle scoperta. È la sua veste quella che afferra, ma il suo tocco si insinua oltre il morbido tessuto fino penetrare in ogni segreto della carne, in ogni sussulto dell’essere.

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René Magritte, Gli Amanti (Les Amants), 1928 – Canberra, National Portrait Gallery

Questo gioco di carezze velate può ricordare Les Amants di Magritte, in cui l’ardente bacio della coppia avviene “mediato” da un lenzuolo bianco che copre integralmente i due volti e impedisce di fatto il contatto fisico e visivo, spalancando di colpo una porta socchiusa sul mistero dell’Eros.

14068217_10153860947132634_2598470847712790969_nZefiro e Aura si trovano sulla fragile soglia dove lo Spirito diventa Materia. Sono due poli opposti e complementari, lo Yin e lo Yang, il Maschile e il Femminile. Il contrasto cromatico indicante le polarità divergenti si evince nella carnagione ambrata di lui che contrasta con la pelle lattea di lei. Anche le loro chiome differiscono per la tinta utilizzata: i capelli di Zefiro sono di un caldo color castagna, quelli di Aura di un biondo ramato. Il soffio di Lui è diretto e investe in pieno, le gote si gonfiano per lo sforzo. Il soffio di Lei è più lieve, un afflato caldo e sottile, una brezza che solletica senza travolgere.

Le gote di Zefiro sono gonfie e i muscoli del viso contratti nello sforzo dell’emissione del fiato, proprio come la mente razionale ha bisogno di elaborare i concetti, di riordinarli, di trattenerli nell’emisfero sinistro prima di esternarli in parole di senso compiuto, in quel Logos che è ragione pura e che stabilisce un assetto gerarchico nel complesso caos che ingarbuglia i pensieri. Il suo soffio è quindi ispirazione dell’intelletto, disposizione della mente razionale. È l’io cosciente che pensa se stesso.

Aura, in quanto simbolo dell’Eterno Femminino, è l’incarnazione della potenza creativa. Ha la bocca dischiusa in quello che sembra l’accenno di un sorriso; l’espressione è aperta e dolce, il sottile getto d’aria fuoriesce soave ma così leggero da essere libero di fluire in ogni direzione, richiamando l’espressione biblica “il Vento soffia dove vuole” (Giovanni 3,8). Lo Spirito Santo, il soffio fecondatore che instilla pura vita nell’Essere, trasformando la materia inerte in organismo pulsante. È un concetto che nella filosofia induista chiameremmo Shakti, il Divino Creativo Femminile, la potenza vitale e generatrice, la generosità del dono, l’accoglienza. L’emisfero destro, il puro stream of consciousness, affrancato da ogni categorizzazione o definizione.

Zefiro e Aura. Così diversi, così ontologicamente distanti eppure talmente vicini da avvinghiarsi in un abbraccio sublime, dalla stretta senza forzature, ma carica di dolcezza. Sono poli opposti, eppure nei loro tratti c’è qualcosa di simile, un’incredibile corrispondenza fisiognomica che sfugge a qualsiasi tentativo di identikit o classificazione somatica. Saranno i loro sguardi, protesi verso una comune direzione; saranno le inaspettate assonanze dei tratti del viso o le onde fluenti dei capelli; sarà forse l’annullamento di un rapporto gerarchico maschile-femminile. Anzi, il volto di Aura sembra predominare su quello di Zefiro, le sue dimensioni appaiono maggiori rispetto a quelle del viso del compagno.

Sandro Botticelli, Illustrazione per la Divina Commedia, Paradiso Canto VI
Sandro Botticelli, Illustrazione per la Divina Commedia, Paradiso Canto VI

Una scelta che, forse, è di natura spirituale e che Botticelli renderà in seguito palese nelle illustrazioni della Divina Commedia, in cui Beatrice è rappresentata di proporzioni maggiori rispetto a Dante. Una Beatrice-teologia che troneggia come un colosso di fronte allo spaurito Dante-anima, mentre quest’ultimo si fa strada attraverso l’atmosfera di luce rarefatta del Paradiso, tremando come un fanciullo mentre viene condotto dalla sua Amata alla contemplazione del Bene Supremo. Una Donna-Madre che guida un Uomo-Bambino verso un Dio-Padre. Una perfetta mediatrice tra cielo e terra che non può non richiamare la figura di Maria, intermediaria per eccellenza. “Donna, se’ tanto grande e tanto vali / che qual vuol grazia e a te non ricorre / sua disïanza vuol volar sanz’ali” (Par. XXXIII, vv. 13-15). È attraverso il riflesso negli occhi di Beatrice che Dante riesce a contemplare il Sole, l’eterno Principio vivificatore di tutte le cose (Par. I, vv. 46-54). La Donna, vista qui come Principio Femminile creativo e intuitivo, è quindi scala d’oro verso l’immortalità, guida privilegiata che dona accesso al mondo Altro.

Sandro Botticelli - The Birth of Venus, 1485 (15)

Tuttavia, ciò non indica una presunta superiorità del principio femminile sul maschile. Entrambi hanno pari valore e dignità, sono necessari e complementari per l’integrazione del Sé. Zefiro sostiene dolcemente Aura, stringendola a sé come per un senso di protezione, mentre l’altro braccio resta libero. Aura cinge la vita di Zefiro con entrambe le braccia, con un gesto di una fiducia totale e disarmante. Il Femminile ha bisogno del Maschile per indirizzare la sua forza creativa nel modo più benefico. Sa che aggrappandosi a Lui, il suo volo sarà più sicuro e costante. Approderà verso la meta seguendo la rotta giusta.

Perciò Zefiro e Aura sono le due manifestazioni dello stesso principio, generati dalla stessa matrice originaria. Come i due serpenti attorcigliati del caduceo mercuriale, l’armonia degli opposti rappresenta il superamento dei conflitti. Il loro è un volo congiunto, una comunione d’intenti, un libero e reciproco scambio d’Amore che permette ai due principi di realizzarsi nella loro completezza attraverso il dono incondizionato di Se stessi.

© Angela Patrono